Altare di San Volfango (1481) l'unica opera di Michael Pacher ancora intera. Si trova nel luogo originario |
Purtroppo
se oggi il corpus d'opera di Michael Pacher si afferma
su poche opere superstiti lo si deve all'atteggiamento critico, assunto nei
suoi confronti, lungo il Settecento. Antonio Roschmann osservando l'altare dei
Padri della Chiesa, all'epoca deposto nei magazzini del Convento di Novacella,
notò con piacere l'abilità dell'artista nel ritrarre il bambino sulla culla ai
piedi di S. Ambrogio e il leone di S. Gerolamo. Quando lo studioso chiese di
chi fosse l'opera gli si rispose con confusione. Tanto che il nome fatto fu
Perger. Da qui nacque l'equivoco nel voler attribuire l'opera al noto pittore
tedesco Cristoforo Amberger. Il ricordo di Michael Pacher si era oramai spento
nel corso dei secoli. Proprio nel medesimo secolo vediamo lo smembramento
delle opere del maestro brunicense. Alcune di esse furono inesorabilmente
distrutte, senza che alcuno protestasse. L'altare di Gries venne eliminato nel
1738, si salvò solo lo scrigno. Il grande altare di Salisburgo, ultima opera
del maestro, fu smontato e bruciato nel 1710, per ricavarne l'oro dalle
decorazioni. Stessa sorte toccò all'altare di San Lorenzo di Sebato, ad esclusione della scultura della Madonna e delle tavole dipinte. Anche in
questo caso possiamo immaginare che l'azione fosse propensa a ricavarne l'oro.
Decisamente diverso fu l'atteggiamento critico nei suoi confronti lungo
il XIX secolo.
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