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martedì 5 giugno 2012

Michael Pacher e la critica del XVIII secolo


Altare di San Volfango (1481) l'unica opera di Michael Pacher ancora intera. Si trova nel luogo originario 

Purtroppo se oggi il corpus d'opera di Michael Pacher si afferma su poche opere superstiti lo si deve all'atteggiamento critico, assunto nei suoi confronti, lungo il Settecento. Antonio Roschmann osservando l'altare dei Padri della Chiesa, all'epoca deposto nei magazzini del Convento di Novacella, notò con piacere l'abilità dell'artista nel ritrarre il bambino sulla culla ai piedi di S. Ambrogio e il leone di S. Gerolamo. Quando lo studioso chiese di chi fosse l'opera gli si rispose con confusione. Tanto che il nome fatto fu Perger. Da qui nacque l'equivoco nel voler attribuire l'opera al noto pittore tedesco Cristoforo Amberger. Il ricordo di Michael Pacher si era oramai spento nel corso dei secoli.  Proprio nel medesimo secolo vediamo lo smembramento delle opere del maestro brunicense. Alcune di esse furono inesorabilmente distrutte, senza che alcuno protestasse. L'altare di Gries venne eliminato nel 1738, si salvò solo lo scrigno. Il grande altare di Salisburgo, ultima opera del maestro, fu smontato e bruciato nel 1710, per ricavarne l'oro dalle decorazioni. Stessa sorte toccò all'altare di San Lorenzo di Sebato, ad esclusione della scultura della Madonna e delle tavole dipinte. Anche in questo caso possiamo immaginare che l'azione fosse propensa a ricavarne l'oro. Decisamente diverso fu l'atteggiamento critico nei suoi confronti  lungo il XIX secolo.

Per maggiori informazioni scrivi a fmeditore@libero.it

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